Una storia d'autunno


Gocce di pioggia

(Un racconto breve del cantautore Mimmo Parisi)



Non è molto educato  esprimersi in questi termini nei suoi confronti. Si rischia una caduta di bon-ton, lo so. Lo sappiamo  tutti che è la miss delle stagioni. Non per niente Botticelli le ha dedicato un'opera. Non è comunque un buon motivo, questo va detto, creare scompiglio nel popolo delle rondini (e non solo) che trepidanti hanno più volte chiesto all'infreddolito vento del nord-est notizie sul bel paese. Sfiduciate, come viaggiatrici di un aeroporto in sciopero, hanno bivaccato in riva ai fiumi della grande madre Africa nell’attesa dello sparo di partenza; ognuna ha sostato guardinga e pronta con la sua piccola valigia di sogni: rivedere il vecchio nido sotto la grondaia, salutare i cervi della montagna o meravigliare, con una sortita nel cielo della città, i ragazzini che si foraggiano da McDonald's. Alla fine è arrivata: è una primavera recalcitrante, indolente. Ormai siamo in maggio. I programmi televisivi cominciano ad andare in vacanza: bisognerà sorbirsi i vari 'il meglio di...' o qualche film mitologico riciclato.
Per fortuna che con la bella stagione lei è ritornata a visitare questo parco tutti i giorni, come l'anno scorso. Biondina, con gli occhi scurissimi come il cielo notturno zampillante di stelle. La trovo bellissima ma non saprei dire perché. Più volte ho analizzato la sua figuretta dal fascino color pastello. In genere veste semplice, casual: T-shirt, jeans e, raramente, camicette, una delle quali color fiordaliso. Le sta d'incanto su quella gonna lunga che indossa di rado. In lei leggo il Kunstwollen della natura, la sua volontà d'arte. Ormai vivo il mio tempo in completa funzione di lei. Aspetto l'alba con impazienza, poi scruto attentamente la sua finestra: eccola! Anche oggi come un sorriso si apre verso me. Se avete letto 'La vita di Maria Wuz, il giocondo maestrino di Auenthal' di Jean Paul, mi capirete. Infatti, nell’attesa delle sue visite al parco, ho organizzato le mie giornate puntellandole di piccoli impegni. Cose ordinarie come ascoltare il concertino pomeridiano del canarino della signora Tina, lo stormire delle chiome della betulla, e altre amenità del genere.
A pomeriggio inoltrato, quando mancano due ore alla caduta del sole, la vedo arrivare puntuale. Si siede sulla solita panchina, gioca con un passerotto curioso che le si avvicina saltellando, apre il suo libro e vi si tuffa dentro. Spesso alza la testa e, incuriosita, mi guarda e mi sorride. Ce ne stiamo in silenzio a guardarci.
Così non può andare avanti! Devo decidermi, basterebbe un gesto, una parola. Basterebbe inventarsi qualcosa...
L'estate è arrivata come un treno tedesco o, come dicono gli inglesi, o' clock. C'è una felicità rovente nell'aria. Non per me. Lei è via. Maledetto chi ha inventato le vacanze, le ferie e tutta quella massa di ragioni che me l’hanno portata via! Mi tengo su pensando che come l'altro anno, trascorse le vacanze al mare, lei tornerà alle sue letture e a me.
L'autunno e alle porte. Sono emozionato come un bambino al suo primo giorno di scuola. Eccola! Sta superando il cancello. E' appena abbronzata. Ma, chi è quello che l'accompagna? Si siedono sulla solita panchina. Lui le ruba un bacio. “A proposito”, fa lei divertita e prendendolo sottobraccio per portarlo verso me, “ti presento un amico, mi ha fatto tanta compagnia...”. Una foglia stanca si stacca dal ramo suicidandosi al suolo.
Lui mi guarda appena. Poi scruta pensieroso il cielo: “Claudia, sarà meglio incamminarsi sulla via del ritorno, ho paura che ci sia in agguato un acquazzone”. “Cosa? Ma non può essere, non ci sono tuoni e non c’è nemmeno una nuvola!”. “Sarà, tuttavia  il tuo amico, sì... insomma la statua del parco, ha già il viso rigato, non possono essere altro che gocce di pioggia”.



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