L'estate italiana di Steve Vai
La cornice? Semplice, quella suggestiva del Castello di Udine. Lui, il 7 luglio 2016, si è presentato colorato, allegro. Di chi si parla? Di sua grandiosità Steve Vai. Dopo l’apertura affidata a Gianni Rojatti e i Dolcetti,
il guitar hero – forse uno dei primi e più eclettici nel suo spostarsi
dalle follie zappiane al melodic rock degli Whitesnake per poi diventare
antesignano del prog metal – non si è risparmiato, superando
abbondantemente le due ore di musica. Sempre pronto allo scherzo e
abilissimo a coinvolgere il pubblico, Vai si è esibito in uno show
pirotecnico, imperniato sulla riproposizione del seminale “Passion And Warfare”,
a 25 anni dalla sua uscita. “Quando è uscito l’album non ho avuto il
coraggio di portarlo in tour: era troppo difficile da eseguire dal vivo,
e mi sono detto che avrei avuto bisogno di una band davvero all’altezza
prima di sentirmela di farlo. Ecco, è arrivato il momento e la band è
questa!”
Dopo una mezz’oretta di “riscaldamento” con un excursus sulla carriera di Vai – apertura con “Bad Horsie” da “Alien Love Secrets”, poi “The Crying Machine” da “Fire Garden”, “Gravity Storm” da “The Story Of Light” e “Whispering A Prayer” da “Alive In An Ultra World”
– è partita l’esecuzione del capolavoro, dall’inizio alla fine, con il
fondamentale lavoro della band, appunto! La performance è stata di
quelle che scuote, emoziona e fa venire brividi e ricordi, complici le
immagini che scorrono sullo schermo alle spalle dei musicisti e che
mostrano i video dell’epoca, tra il kitsch e il tuffo al cuore. Nel
corso del concerto, spazio a tre gustose e divertenti jam virtuali con Joe Satriani, John Petrucci e Frank Zappa:
in quest’ultimo caso, sul megaschermo le immagini di un concerto con
uno Steve Vai appena ventunenne, catapultato sul palco accanto ad un
genio della musica dei nostri tempi. e proprio a seguire “Stevie’s Spanking”,
Steve Vai chiama sul palco una donna e un uomo che si offrono volontari
dal pubblico, per far loro improvvisare la canzone che vogliono,
eseguita “a comando” dai musicisti della sua band. Vai chiude con “Racing The World”, salvo poi essere richiamato sul palco per un bis, ovvero la monumentale “Fire Garden Suite IV – Taurus Bulba”:
sullo schermo epiche immagini di guerra e lo sguardo serio e impegnato
di un musicista che oggi, invece, è capace di conquistare, oltre che con
la propria abilità tecnica, con un grande senso dell’ironia,
ingrediente fondamentale per la piena riuscita di un concerto davvero
“oltre”.
A proposito e andando indietro nel tempo, lo sapevate cosa ha combinò il buon Steve in un film che fece scalpore, Mississipi Adventure (Crossroads)? Il brano eseguito era il Capriccio Numero 5 Op. 1 di Paganini. All’epoca fece impazzire tutti nel tentativo di
riprodurla. Poi si scoprì che quel bastardo di Steve
Vai aveva aggiunto un tasto alla chitarra, utilizzando un filo di rame,
per poter fare l’ultima nota!
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