MIMMO PARISI, L'INTERVISTA: «LE MIE CANZONI PER VOI».




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MIMMO PARISI, L’INTERVISTA: «LE MIE CANZONI PER VOI»


Mimmo Parisi
«Sono stati mesi importanti, ho lavorato un sacco di tempo per incidere l’album». Mimmo Parisi si guarda in giro soddisfatto. In fondo è un punto d’arrivo anche il sol fatto di aver arrangiato in solitudine le sue composizioni, al di là dell’eventuale riscontro sociale che il suo modo di porsi comporta.
Con il suo nuovo cd, «Quando Non 6 Totti O Ligabue», Mimmo alza l’asticella. «Le canzoni sono state scritte seguendo uno stile di marca quasi narrativa» spiega a Giornaleblog. «Ho cercato di buttar fuori  tutto quello che avevo nello stomaco, nella testa e nel cuore. E sono riuscito a realizzare 8 canzoni degne di essere chiamate tali. Ho usato strumenti vintage, registrando voci e chitarre in digitale naturalmente, ormai si fa così. Ogni brano, insomma, è figlio del mio sangue».
Nella copertina del cd ci sono più riprese di te stesso. Perché?
«Volevo mostrare le diverse prospettive dell’essere umano. Sarebbe bastata una sola foto, ma inseguivo un’altra idea che invece non si palesava. Avevo altre copertine possibili, tutte con foto singole. Alla fine è prevalsa la scelta che puoi vedere sul cd. Questa rispecchia bene i contenuti dell’album. Esprime forza, istinto, suono ed energia».
Qual è il filo conduttore di «Quando Non 6 Totti O Ligabue»? 
«La consapevolezza che l’uomo è nemico di se stesso, dà troppo valore a chi non ha necessariamente la capacità che gli viene attribuita: è il famoso meccanismo dell’attribuzione di freudiana memoria. La nostra società è legata a stereotipi vecchi, che ci fanno dimenticare quali sono le priorità. La nuova generazione è chiamata a  cambiare questa situazione. Io lo faccio esprimendo un pensiero sociale in musica, stando dalla parte della gente. Per vivere in un mondo dove ci si possa esprimere e non avere un muro di fronte agli occhi. Voglio dire, un muro fatto di individui che hanno avuto culo nella politica o in qualsiasi altro campo delle attività umane. È ora che scendano dal loro tappeto volante! Ho voglia di guardare al di là».
Immagino che tu abbia dei fan. Cosa pensa di poter insegnare loro?
«Umh, insegnare è una parola grossa, diciamo che se il successo passasse da queste parti, ci farei un giro come si fa sulla giostra. Beh, (ridendo) magari due! Al di là della battuta, direi loro, visto che pubblico o no pubblico io continuo a dire quello che ho dentro anche nella solitudine del mio studio di registrazione, che nella vita sia importante fare ed esistere all'interno di un contesto che ti rappresenti, fate quello che vi appassiona, l'uncinetto o una nave spaziale, insomma non fatevi legare da quello che piace agli altri. Gli altri hanno la loro vita, voi avete la vostra, chi può dire quale sia la migliore? Poi aggiungerei che il successo è la più grande invenzione dell’uomo, che non esiste. Porto in musica il mio essere in una linea di confine. La cosa che riesco a fare meglio nella vita è rimanere in bilico senza perdere l’equilibrio».
Tuttavia, così ad occhio e croce e giudicando tutto quello che mi hai detto fino a questo momento, tu mi sembri appartenere al paradigma degli artisti maledetti, arrabbiato con il sistema attuale. Sbaglio o un po’ ci ho preso? 
«Sono un musicsta, un cantautore elettrico. Ascolto tutti e tutto, ma nella vita preferisco dare importanza alle cose che valgono per me. Il mio lavoro è fare musica e dire quello che penso. Quando non riesco a farlo, combatto per riuscire comunque a raggiungere il mio obiettivo».
Ha raccontato di essere diventato introverso quando era molto giovane. E’ ancora viva questa timidezza?
«Sì, ma ho imparato a difendermi, perché spesso la timidezza viene scambiata per debolezza. Ho dovuto tirare fuori la voce e il carattere. Nella vita bisogna fare di tutto affinché le paure diventino sicurezze. Io, di queste paure, probabilmente ne ho fatto un lavoro».
Sei sincero, arrabbiato, critico ma anche malinconico. Ho notato questo tuo colore autunnale in «Stella Cadente», una delle tue più sentite composizioni. Hai voglia di dire qualcosa in proposito?
«Nel pezzo si parla proprio di loro, delle stelle del cielo boreale che, quando cadono fanno vacillare chi le ha valutate come fari illuminanti la propria vita, la propria esistenza. Quando diventano stelle cadenti, fuor di metafora, quando la ragazza dei tuoi sogni diventa quella dei sogni di qualcun altro, il buio pesto è a portata di piedi e giri su te stesso accecato dalla sua perdita».
Intervista realizzata da Diego Salvemini-Foto di Marco Letta
Qui potete ascoltare e scaricare gratuitamente i brani di «Quando Non 6 Totti O Ligabue». 





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